John McWall – Tassista nella notte (Puntata n. 1 – La mia città)

Posted on 2 febbraio 2012

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Non mi sono mai mosso da questa città. Dovrei farlo prima o poi, forse. Chissà com’è il mondo là fuori. Me lo chiedo spesso, e sempre mi rispondo allo stesso modo: come qui, John, come qui.
Lo so, è un fottuto alibi. In realtà ho paura di mettere il naso là fuori, in un posto che non conosco. Il solo pensiero mi terrorizza. Chi te lo fare? Hai tutto qui: la sicurezza, la certezza di conoscere ogni vicolo e ogni piazza e ogni parco. Non puoi perderti. Questa città è il mio corpo, il mio respiro, la mia anima. Casa mia. Ci sono nato, cresciuto. Ho visto grattacieli comparire dal nulla e fabbriche abbattute al suolo. Tutto sotto controllo. E il mondo là fuori non lo è, sotto controllo. E ho paura.
– Paura di cosa? – mi ha chiesto un tizio l’altra sera.
Non sapergli rispondere è stato doloroso. Infatti non lo so, non so di cosa diamine ho paura. Ma non importa. Lei è lì, la paura, e sempre c’è stata. È qualcosa di congenito, come i miei occhi scuri e le dita lunghe. Non l’ho voluta io, ma lei c’è, esiste, la devo accettare.
E sul cosa c’è la fuori… be’, non saprei dirlo. Io non ho viaggiato e conosco poco il mondo, ma alle volte penso che tutto il mondo passi in questo taxi. Bianchi neri gialli buddisti induisti taoisti africani neo zelandesi russi, uomini di tutte le razze e di tutte le religioni hanno posato le chiappe su questi sedili. E li ho ascoltati, osservati, spiati. E ho viaggiato con loro, ho goduto dei loro riti e della loro diversità, ho salutato a mani giunte e baciato tre volte sulla guancia. Ho odorato il profumo della povertà e la puzza grassa della ricchezza. Ho pregato Dio, Allah e Buddha, li ho invocati e li ho maledetti, per poi ringraziarli per una giornata di sole.
No, non voglio viaggiare. Questa è la mia città, il mio sangue, la mia gente. E se ho voglia di partire mi basta sedermi sulla spiaggia e osservare il tramonto.
Il mare è troppo grande per me.

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